Intorno ad alcune creste dell'Appennino centrale

Nel decidere di salire in montagna, quella mattina, mi ero fissato un paio di obiettivi da scovare: identificare, in quella zona, l’area in cui nidificavano le Balie dal collare (Ficedula albicollis) e verificare se, come anni addietro, attorno a quelle creste nidificassero ancora i Fringuelli alpini (Montifringilla nivalis). La prima è una specie migratrice che sverna in Africa centro-meridionale a Sud dell'Equatore e che giunge in questi ambienti solo per riprodursi; la seconda invece è legata a certe altezze per tutto l’anno. La prima, per vivere, cerca faggete con alberi maturi, che spesso resistono solo confinati al limite altitudinale del bosco, la seconda ama le aree rocciose sommitali, esposte ai venti e prossime a sassose praterie d'altitudine.

Il gruppo montuoso, ai confini tra Lazio ed Abruzzo, in cui si è svolta l'esperienza narrata in questo post, visto dal versante laziale; caratterizzato da notevoli aree di prateria d'altitudine, la sua conformazione morfologica mostra le tracce evidenti dell'immane azione svolta dai ghiacciai delle ere passate    

Il giugno scorso, le pianure e le coste erano già interessate da una cappa di fastidiosa afa associata a temperature prettamente estive. Arrivato su, in quell’area appenninica tra Lazio ed Abruzzo, ho trovato invece una coltre nuvolosa che non ha disdegnato di far scendere, durante la mattinata, qualche goccia di pioggia; inoltre, nelle aree esposte prossime a quelle sommitali, spirava e spazzava, implacabile, un tesissimo vento occidentale che mi ha costretto ad indossare la giacca.

Rispetto a quello laziale, il versante abruzzese dei monti attraversati appare più scosceso e dirupato, caratterizzato da estese pareti ed elevati e frastagliati salti rocciosi con grotte ed anfratti  


Intorno ai 1600 m di quota, ho iniziato ad incamminarmi su sentieri che già conoscevo ma, per raggiungere e superare i 2.000 m delle creste, ho deciso di seguire una via che non avevo mai fatto prima. Tutto il tratto in faggeta l’ho percorso facendo attenzione a percepire segni di presenza della Balia dal collare: mi ritrovavo spesso fermo ad ascoltare le voci degli invisibili cantori che si celavano nel sottobosco o tra le chiome ammantate di rigoglioso verde. Si sentiva un po’ di tutto: Pettirossi (Erithacus rubecula), Luì verdi (Phylloscopus sibilatrix), Luì piccoli (Phylloscopus collybita), Scriccioli (Troglodytes troglodytes), Cinciarelle (Cyanistes caeruleus) ma anche Rampichini alpestri (Certhia familiaris), Picchi muratori (Sitta europaea) e Fringuelli (Fringilla coelebs); niente, però, che fosse riconducibile alla specie cercata.

Un tratto di faggeta matura prossima al limite altitudinale della vegetazione arborea

Ho imboccato un sentiero che tagliava in salita un crinale su cui prosperava una splendida faggeta; le piante si sono fatte sempre più belle con i loro maestosi portamenti che mostravano sempre di più i segni del tempo: fessure e rami spezzati, barbe di licheni pendenti e gradini di funghi lignei che scalavano i tronchi. Anche il Picchio dalmatino (Dendrocopos leucotos lilfordi) si è fatto sentire più volte, ma non la specie che cercavo. Ho proseguito la salita, gli alberi si sono fatti più radi, qualche vecchio faggio giaceva a terra vinto dai venti; i cespugli si sono fatti più frequenti mentre lingue di prateria si incominciano ad insinuare nelle ampie radure. È proprio in questo ambiente, intorno ai 1.700 m di quota, dove si sono visti i primi Spioncelli (Anthus spinoletta) paracadutarsi nei loro voli canori e le Tordele (Turdus viscivorus) zampettare sul terreno, che ho trovato le Balie dal collare, prima una femmina e poi anche un maschio. Non ho provato nemmeno a fare delle foto: le ho viste andare e venire verso un vecchio tronco di faggio, ancora diritto nella sua maestosa dignità, ma spezzato in alto, reciso della sua chioma portata via dalla forza di chissà quale tempesta. Su quella pianta vetusta, in qualche sua recondita cavità, doveva esserci la loro famiglia, era inutile indagare oltre, con il rischio di provocare disturbo alla coppia impegnata in una delicata fase della propria esistenza!

Uno splendido maschio di Balia dal collare (Ficedula albicollis) nel suo fresco abito primaverile, fotografato durante una sua sosta migratoria in area collinare del Sud Italia; la specie è migratrice di lungo raggio, svernante in Africa centro-meridionale: durante la migrazione di ritorno in Europa, non è difficile da incontrare e fotografare, evitando di arrecare disturbo, a tale scopo, nelle aree di nidificazione 


Il sentiero si è fatto più irto mentre salivo deciso il pendio dove ormai dominava la prateria alpina, interrotta solo dagli affioramenti rocciosi da cui un Luì bianco (Phylloscopus bonelli) lanciava il suo canto; mentre tre Gheppi (Falco tinnunculus) erano a caccia facendo la spola tra cielo e terreno, nessun cespuglio si spingeva oltre e la linea degli alberi rimaneva ferma là in fondo, sempre più in basso man mano che conquistavo quota. Mi hanno sorvolato tre Grifoni (Gyps fulvus) mentre mi inoltravo nel regno degli Spioncelli e dei Culbianchi (Oenanthe oenanthe), tra i 1700 m ed i 1.900 m di quota.

Reintrodotti nel Gruppo del Monte Velino negli anni 90 del secolo scorso, i Grifoni (Gyps fulvus) si possono incontrare anche negli altri complessi montuosi dell'Appennino centrale, nidificando su localizzate ed alte pareti rocciose verticali  


Una Tottavilla (Lullula arborea), cantando, ondeggiava nell’aria. Un Calandro (Anthus campestris) allarmava su un’area erbosa segno che sua famiglia non doveva essere molto lontana.

Un Calandro (Anthus campestris) si erge dalla sommità di una piccola roccia calcarea posta su una zona sommitale: per nidificare, predilige ambienti aperti caratterizzati da vegetazione erbacea ed arbusti non necessariamente d'altitudine; generalmente sverna in Africa, tornando in Europa tra aprile e maggio


Mi sono affacciato su un’antica caldera glaciale caratterizzata da scoscese morene da cui si elevavano rocciose pareti verticali modellate dalle poderose forze dei ghiacciai delle ere passate. Qui facevano da padrone le Rondini montane (Ptyonoprogne rupestris), i Gracchi corallini (Pyrrhocorax pyrrhocorax) ed i Codirossi spazzacamino (Phoenicurus ochruros). Anche la seconda specie che sto cercando può visitare questi luoghi, ma di lei oggi non ve n’è traccia. Mi è toccato salire ancora per raggiungere e superare i 2.000 m: sulle rocce sono apparsi i primi Sordoni (Prunella collaris). Ho provato a fare qualche scatto ma il tutto è stato reso difficoltoso dal forte vento e dalla scarsa luce che filtrava attraverso il cielo coperto. Ho trovato una postazione un po’ riparata e mi sono fermato un poco a godere del silenzio e della lontananza del mondo.

Il Sordone (Prunella collaris) è una specie intimamente legata ad aree rupestri d'alta quota dove frequenta zone prative prossime a rocce affioranti

Quando mi sono ripreso, ho potuto scorrazzare libero lungo la cresta che da queste parti fa da spartiacque tra i due versanti dell’Appennino. Il cielo cominciava ad aprirsi, ma il vento non si placava anzi sembrava intensificarsi. Raggiungevo facilmente una prima cima che supera di poco 2.100 m di quota: di Fringuelli alpini nemmeno l’ombra; incominciavo a pensare che avessero abbandonato questi monti.

Praterie sommitali prossime alla cresta spartiacque dell'Appennino tra Lazio ed Abruzzo  

Per proseguire, bisognava calarsi di una quindicina di metri lungo un esposto pendio battuto dal vento seguendo un sentiero che, tra le rocce, serpeggiava rapidamente verso il basso; l’ho percorso pensando che avrei potuto eventualmente tornare indietro seguendo un altro tracciato. Appena sono arrivato giù, tra il furore del vento, ho percepito un verso familiare: un batuffolo biancastro, un giovane Fringuello alpino, era posato a terra tra la bassa erba, ai margini di una prateria tempestata di sassi; da più in alto, non avevo proprio notato la sua presenza!

Un giovane Fringuello alpino (Montifringilla nivalis), probabilmente nato in zona, aspetta paziente l'arrivo di uno dei suoi genitori tra i sassi affioranti di una prateria d'altitudine: non si può non notare come il suo piumaggio lo aiuti a rimanere inosservato 

Poco dopo è raggiunto da un adulto a cui ha chiesto subito, insistentemente, di essere imbeccato: un giovane da poco involato, non in grado di volare per lunghe distanze, ancora imbeccato da un adulto… Benissimo, la specie ancora nidificava in zona, i cambiamenti climatici indotti dall’uomo non l’hanno ancora avuta vinta sulla popolazione locale di quest’elegante uccello montano che resiste con grande resilienza.

Un giovane Fringuello alpino (Montifringilla nivalis) segue uno dei suoi genitori chiedendo insistentemente di essere imbeccato: è una specie strettamente legata a zone sommitali, rocciose e rupestri con praterie sassose 

Mi sono accomodato ed ho inizio a gustarmi il quadretto familiare mentre altri esemplari facevano la loro comparsa tra rocce e tappeti d’erba punteggiati da piccoli fiori di alta quota, il tutto battuto dal vento. Potevo ritenermi soddisfatto ma il gradito ritrovamento appena fatto mi aveva galvanizzato per cui ho deciso di salire ancora per raggiungere la vetta più alta del comprensorio montuoso. Non era poi tanto lontana e nemmeno tanto in alto. Ancora una piccola discesa ed un sentiero traverso lungo un pendio pietroso, sovrastante un remoto e profondo circo glaciale, degradante in instabili morene, mi ha condotto in vista della croce di cima.

Un maschio di Culbianco (Oenanthe oenanthe) impegnato in un canoro volo di display territoriale: alle nostre latitudini, è una tipica specie montana che per nidificare occupa praterie in quota con poca vegetazione arbustiva, ricca di affioramenti rocciosi utilizzati sia come posatoi che per collocarci in nido; svernando in Africa, giunge in tali ambienti tra aprile e maggio

Non era la prima volta che raggiungevo questo spigolo di mondo, ma il luogo mi ha fatto ancora effetto grazie a tutto il suo aspro fascino. È difficile spiegare ma certi posti, raggiunti a piedi con le proprie forze, sono capaci di emanare respiri che ossigenano l’animo invitandolo alla contemplazione del naturale creato: si percepisce un senso divino!

L'area di cresta con rupi e rocce confinate da praterie altitudinali che, soprattutto sul versante abruzzese, sono anche caratterizzate da compatte macchie di ginepro: questo l'ambiente montano attraversato   

Mi sono accomodato anche qui, avevo tempo di guardarmi intorno, tra verdi doline in quota e alti salti di bianca e calcarea roccia con Spioncelli da un lato e Sordoni dall’altro e un gruppo familiare di Fringuelli alpini, forse diverso da quello che avevo incontrato precedentemente.

Un giovane Sordone (Prunella collaris), probabilmente nato in zona, in tipico ambiente roccioso sommitale

Dopo aver consumato un frugale pranzo ai bordi di un salto di roccia di una quarantina di metri, sono tornato sui miei passi, senza fretta. Mi sono concesso ancora del tempo per fare altre foto al primo nucleo di Fringuelli alpini che ho incontrato concludendo che fossero almeno sei esemplari di cui, sicuramente, due adulti e due, forse tre, giovani dell’anno. Ho lasciato il tracciato percorso al mattino per seguire tracce di sentiero che, tagliando i verdeggianti pendii, mi avrebbero condotto verso l’area in cui avevo lasciato l’auto.

Un adulto di Fringuello alpino (Montifringilla nivalis): durante il volo si notano meglio le estese parti biancastre del suo piumaggio 

Il cielo, intanto, si era aperto quasi del tutto. Sono passati ancora tre Grifoni, forse gli stessi che avevo visto al mattino, e sono arrivati in volo due Corvi imperiali (Corvus corax). Uno di loro sembrava interessato a scrutarmi meglio visto che, curiosamente, si è avvicinato, con volo ondeggiante, passandomi di lato. Allo stato brado, un gruppetto di cavalli stava pascolando in un canalone; li ho superati mantenendomi più a monte.

Un Corvo imperiale (Corvus corax): si tratta di una specie che ama le area aperte con scarpate rocciose e rupi dove costruisce i nidi; in Italia centrale è spesso legato ad ambienti montani pur vivendo anche sulle falesie marine e le piccole isole 

Una nuda cresta traversa nascondeva il percorso in discesa che avrei dovuto seguire per rientrare. Sorpassandola, un nutrito stormo di Gracchi corallini si è alzato in volo andandosi a posare sulla sommità di un arrotondato cucuzzolo prativo.

Uno stormo di Gracchi corallini (Pyrrhocorax pyrrhocorax): si tratta di una specie che mostra spesso abitudini sociali che in Italia è legata ad area montuose dove tende a riprodursi in cavità e fori di pareti rocciose 

Guardandomi intorno, avevo quasi disceso metà pendio accompagnato dalle Allodole (Alauda arvensis) che cantavano quasi invisibili, per quanto erano alte nel cielo, e dai vocianti Fanelli (Carduelis cannabina), quando un arcobaleno ha tagliato il declivio che mi ero lasciato alle spalle, andandosi a posare sulla sommità di un’isola rocciosa dominante il verde mare d’erba: è così che un inaspettato maschio di Codirossone (Monticola saxatilis) ha fatto la sua comparsa facendosi ammirare prima di riguadagnare l’aria.

Un maschio di Codirossone (Monticola saxatilis) nel tipico ambiente montano di elezione costituito da prati-pascoli sassosi, con affioramenti rocciosi e prossimi a rupi; la specie occupa tali aree tra la fine di aprile e maggio, con i maschi che tipicamente arrivano prima delle femmine, provenendo dalle zone di svernamento che si trovano in Africa a Sud del Sahara

Un ultimo sguardo alle alte quote, agli spazi liberi, e sono stato accolto dai primi faggi contorti, sentinelle del bosco lungo la linea degli alberi che questa volta ho superato in discesa. Il popolo della foresta non ha tardato a farsi nuovamente sentire con qualche Capinera (Sylvia atricapilla), Fiorrancino (Regulus ignicapilla), Cincia mora (Periparus ater) e Cinciallegra (Parus major). Scendendo di quota, dove gli alberi avevano nuovamente lasciato spazio a cespugli ed erba, ho ancora fatto in tempo a salutare i Cardellini (Carduelis carduelis) ed il Merlo (Turdus merula). Su un grosso faggio isolato, una coppia di Ciuffolotti (Pyrrhula pyrrhula) ha tradito la propria presenza.

Una Tordela (Turdus viscivorus) in cerca di cibo sul terreno: nidifica generalmente in boschi aperti; alle nostre latitudini, predilige le aree boscate montane ricche di radure anche prossime al limite della vegetazione arborea

Il sentiero è diventato sterrata e rapidamente mi ha riportato dove avevo lasciato l’auto. Il tempo di ricomporsi e farsi una bella bevuta. Il tempo di respirare avidamente ancora quell'ossigeno, di contemplare quei boschi e gli ormai lontani pendii erbosi percorsi durante la giornata. Il tempo di riflettere sull'esperienza vissuta, sulle emozioni provate e sugli incontri avuti che giunge il momento di rientrare. E già è promessa di ritornare, nella speranza che questo angolo di monti mantenga nel tempo quell'aura di naturalità dai contorni quasi selvaggi che conserva.


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Per maggiori dettagli sulle specie di uccelli nidificanti nel Lazio, la loro distribuzione, gli ambienti elettivi di presenza e le fasce altitudinali occupate, si può consultare e far riferimento al seguente testo: Brunelli M., Sarrocco S., Corbi F., Boano A., De Felici S., Guerrieri G., Meschini A. e Roma S. (a cura di), 2011. Nuovo Atlante degli Uccelli Nidificanti nel Lazio. Edizioni ARP (Agenzia Regionale Parchi), Roma, pp 464

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