A Buffa e u Lehandru, tra bocca larga e pallone gonfiato
Come in altri paesi del circondario, nel dialetto francavillese, con il termine Buffa si indica il generico rospo, sia il Rospo smeraldino (Bufotes viridis) che il Rospo comune (Bufo bufo) che vivono (o almeno vivevano) entrambi nelle aree circostanti il paese. Per le caratteristiche fisiche e le maggiori dimensioni della specie, l'appellativo sembra più consono per chiamare il Rospo comune che, rispetto allo smeraldino, è più grande e massiccio, con pelle di colore meno appariscente e più verrucosa. Lo si capisce se si analizzano alcune espressioni dialettali in cui l'appellativo buffa è utilizzato, come termine di paragone, per descrivere alcuni aspetti di una generica persona di cui certo non si vogliono lodare delle doti. Per esempio, l'espressione Para 'na buffa è spesso utilizzata per indicare ed offendere una persona vistosamente in sovrappeso tanto da risultare impacciata nei movimenti. Ava na panza quantu na buffa è una frase utilizzata per indicare qualcuno che mostra una pancia visibilmente gonfia. Ava a piedi e buffa è usata per indicare una persona dalla pelle, più che aggrinzita, dura, modellata dall'esperienza o, in senso figurato, per indicare una persona avvezza o capace di sopportare avversità o dolore, anche fisico, uscendone apparentemente illesa.
Un maschio di Rospo comune (Bufo bufo) emerge dalle acque limpide di un fiume montano - Bagno di Romagna (FC), 20 aprile 2018 |
Il Rospo comune, nell'immaginario collettivo non è certo quello che si dice un animale di bell'aspetto. Nelle tradizioni popolari, e quella francavillese non fa eccezione, può essere associato a cattiva sorte, a generale ribrezzo o a qualcosa di velenoso e assolutamente da evitate. Eppure, quest'essere nasconde un certo fascino ecologico e, un contadino di vecchio stampo direbbe anche una certa utilità visto che per alimentarsi ricorre spesso ad insetti, lumache ed altri invertebrati generalmente percepiti come nemici di orti e coltivazioni.
Con i primi tepori, i Rospi comuni si riprendono dal torpore invernale e gli adulti e maturi sessualmente, dai loro rifugi posti spesso sotto ceppi, si affrettano a raggiungere i bacini di acqua ferma o lentamente corrente per iniziare la stagione riproduttiva. Qui, generalmente, i più piccoli maschi aspettano l'arrivo delle più grosse femmine emettendo i loro richiami di segnalazione che sono meno chiassosi di quelli prodotti dalle rane. Una femmina è in grado di deporre migliaia di uova raccolti in lunghi cordoni gelatinosi rilasciandoli in acqua. La loro fecondazione avviene esternamente al corpo delle femmina ed è per questo che un maschio, se vuole trasmettere i suoi geni, deve avvinghiarsi saldamente alla schiena di una compagna, prima degli altri pretendenti, in modo da poter irrorare con il suo seme le uova mentre vengono deposte. A volte, più maschi tentano di conquistare l'ambita posizione creando delle paurose mischie attorno alla femmina che rischia di essere schiacciata. Di contro, un maschio, aggrappato ad una femmina, dipende totalmente dai movimenti della compagna che decide dove andare, quanto tempo rimanere sommersi, quando tornare in superficie per riprendere una provvidenziale boccata d'aria.
L'amplesso di una coppia di Rospo comune (Bufo bufo) in una fontana ornamentale - Tivoli (RM), 3 maggio 2015 |
Dalle uova fecondate, dopo circa 2 settimane, si formano dei piccoli girini di colore nero che, in circa 2-3 mesi, si trasformano in copie miniaturizzate degli adulti. Nella metamorfosi, appaiono prima le zampe posteriori e successivamente, con l'avanzare dell'assorbimento della coda, anche le zampe anteriori. Rispetto alle rane, anche a completa metamorfosi, restano degli esserini minuti: questi piccoli neometamorfosati si trasformeranno nei più grandi anuri della nostra fauna autoctona. Al momento giusto, emergeranno, anche in massa, sulle rive del bacino in cui si sono sviluppati per allontanarsi nella zona circostante dove inizieranno lo loro avventura e crescita fuori dall'acqua. Frequenteranno vari habitat tra cui boschi, prati, coltivi ed ambienti urbani.
I più fortunati ed adatti raggiungeranno, in qualche anno, la maturità sessuale e saranno pronti ad riprendere il ciclo. Raccontata in questi termini, quella di un rospo, sembra un'esistenza, tutto sommato, tranquilla e serena. Non è ovviamente così e tanti sono i pericoli che incombono su questi anfibi.
L'elevato numero di uova deposte dalle singole femmine ed i numerosissimi girini che ne derivano, affiancati alle sempre più difficili occasioni di osservare un adulto, sono indizi che spingono a pensare che la specie subisca una forte pressione contenitiva alla sua naturale tendenza alla proliferazione. Diciamo subito che, tra i fattori limitanti, l'azione umana, diretta o indiretta, assume un ruolo sicuramente predominante.
Fin da uova o girini, in acqua, i Rospi comuni, per le loro piccole dimensioni, sono naturali prede per larve di grandi libellule, Granchi di fiume (Potamon fluviatile), e soprattutto pesci. L'abitudine tutta umana di immettere sconsideratamente pesci, di varie origini, in bacini anche piccoli dove queste forme di vita non vivevano, ha impatti spesso devastanti sugli anfibi autoctoni portandoli alla rapida diminuzione. Se ai pesci aggiungiamo anche altre specie alloctone come le tartarughe palustri di origine americana o gli invasivi Gamberi rossi della Luisiana (Procambarus clarkii), il declino è quasi assicurato perché, dove non può l'inquinamento, lo sfruttamento o la regimentazione indiscriminata delle acque dolci di superficie, possono sicuramente loro dare il colpo di grazia a quelle popolazioni che usavano quei bacini per riprodursi ed accrescersi portandole anche alla locale estinzione.
Le strade poi, sono luoghi di morte quasi certe per i lenti rospi che finiscono schiacciati dalle automobili condotte da chi, se proprio non agisce di proposito spinto da mera crudeltà, va troppo in fretta per curarsi di chi le attraversa, qualunque sia la sua natura.
Non bisogna quindi stupirsi se gli esemplari che raggiungono l'età adulta siano sempre di meno e sempre più rari da vedere. Anche gli adulti, hanno dei predatori naturali tra cui si annoverano uccelli e serpenti. Sebbene abbiano la capacità di secernere, come deterrente, da due vistose ghiandole poste nella parte posteriore della testa (ghiandole paratoidi), delle sostanze irritanti per le mucose, figurano per esempio tra le prede preferite della Natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica), che è uno dei serpenti immuni a tale sostanza.
Anche se è meno acquatica delle sue congeneri che vivono in Italia, la Natrice dal collare elvetica è generalmente associata all'acqua e la si vede spesso nuotare a pelo della superficie. A Francavilla Angitola è anzi il solo serpente, per così dire, amante dell'acqua poiché l'areale di distribuzione delle sue congeneri italiane non arriva così a Sud. Non c'è quindi da stupirsi se, nel dialetto francavillese, la Natrice dal collare elvetica ha un nome dialettale dedicato ovvero Lehandru. Si tratta di un comune quanto innocuo ofide che può raggiungere grosse dimensioni con lunghezze sino a 180 cm ed oltre, soprattutto le femmine.
In realtà, a prediligere le area umide sono soprattutto i giovani di questo serpente, mentre gli adulti, specialmente le femmine, si allontanano da tali ambienti andando ad occupare prati, boschi e pure zone urbane. Cacciano per lo più anfibi (grosse rane e rospi), ma possono predare roditori, sauri e, soprattutto i più giovani, anche pesci.
Difronte a questo grande e veloce serpente, a Buffa può solo cercare di sembrare più grande: si solleva sulle zampe e si gonfia aumentando il suo volume, in modo da tentare di scoraggiare il serpente ad ingollarla. U Lehandru, al pari degli altri serpenti, non avendo capacità masticatorie, può solo ingoiare intere le sue prede e, per gestire il rospo, ha dovuto imparare a maneggiarlo: altre prede vengono inghiottite a partire dalla testa; con una grossa Buffa, che si è per giunta gonfiata, questa strategia può risultare difficile da portare a termine ed allora deve iniziare dalla zampe posteriori. Così facendo, ha maggiori possibilità di riuscire a comprimerla espellendo l'aria aspirata dall'anfibio dalla sua bocca, così come si sgonfia un pallone.
Questa sorta di sfida tra bocca più larga e pallone più gonfio non è delle più idilliache da vedere, ma è la Natura che fa il suo corso. Lehandru e Buffa si sono evoluti assieme nell'arco di milioni di anni, ognuno con la propria strategia di sopravvivenza che fa si che il primo non prevalga definitivamente sulla seconda.
La vera minaccia, sia per l'una che per l'altra specie, è nascosta nell'alterazione degli habitat naturali, legata all'inquinamento chimico ed alla trasformazione ambientale. Nella distruzione dei siti riproduttivi e di accrescimento, nelle stragi che si consumano sulle strade, nella persecuzione diretta ancora praticata e saldamente legata a false credenze che resistono, nonostante gli sforzi fatti per diffondere maggiore consapevolezza.
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Si ringrazia Mauro Scaramuzzino per aver concesso di riprodurre, in questo post, le sue fotografie scattate durante una breve passeggiata fatta assieme nei boschi delle Serre Calabresi.
Maggiori e più esaurienti informazioni su rettili ed anfibi italiani si possono trovare nei seguenti testi:
- Di Nicola M.R., Cavigioli L., Luiselli L. & Andreone F., 2019. Anfibi & Rettili d'Italia. Edizioni Belvedere, Latina.
- Arnold E.N. & Burton J.A., 1985 - Guida dei rettili e degli anfibi d'Europa - Franco Muzzio Editore, Padova
- Bruno S., 1984 - Serpenti d'Italia - Giunti-Martello Editore, Firenze
Per i nomi scientifici di anfibi e rettili citati, si è fatto riferimento alla nomenclatura utilizzata nel recente testo Anfibi & Rettili d'Italia.
Un neometamorfosato di Rospo comune (Bufo bufo): questo esemplare, al crepuscolo, abbandona lo stagno in cui si è formato muovendosi su un tappeto di muschio - Vallefiorita (CZ), 21 agosto 2016 |
L'elevato numero di uova deposte dalle singole femmine ed i numerosissimi girini che ne derivano, affiancati alle sempre più difficili occasioni di osservare un adulto, sono indizi che spingono a pensare che la specie subisca una forte pressione contenitiva alla sua naturale tendenza alla proliferazione. Diciamo subito che, tra i fattori limitanti, l'azione umana, diretta o indiretta, assume un ruolo sicuramente predominante.
Fin da uova o girini, in acqua, i Rospi comuni, per le loro piccole dimensioni, sono naturali prede per larve di grandi libellule, Granchi di fiume (Potamon fluviatile), e soprattutto pesci. L'abitudine tutta umana di immettere sconsideratamente pesci, di varie origini, in bacini anche piccoli dove queste forme di vita non vivevano, ha impatti spesso devastanti sugli anfibi autoctoni portandoli alla rapida diminuzione. Se ai pesci aggiungiamo anche altre specie alloctone come le tartarughe palustri di origine americana o gli invasivi Gamberi rossi della Luisiana (Procambarus clarkii), il declino è quasi assicurato perché, dove non può l'inquinamento, lo sfruttamento o la regimentazione indiscriminata delle acque dolci di superficie, possono sicuramente loro dare il colpo di grazia a quelle popolazioni che usavano quei bacini per riprodursi ed accrescersi portandole anche alla locale estinzione.
Le strade poi, sono luoghi di morte quasi certe per i lenti rospi che finiscono schiacciati dalle automobili condotte da chi, se proprio non agisce di proposito spinto da mera crudeltà, va troppo in fretta per curarsi di chi le attraversa, qualunque sia la sua natura.
Ovatura di Rospo comune (Bufo bufo) ancorata alla vegetazione palustre - Vallefiorita (CZ), 3 aprile 2018 |
Non bisogna quindi stupirsi se gli esemplari che raggiungono l'età adulta siano sempre di meno e sempre più rari da vedere. Anche gli adulti, hanno dei predatori naturali tra cui si annoverano uccelli e serpenti. Sebbene abbiano la capacità di secernere, come deterrente, da due vistose ghiandole poste nella parte posteriore della testa (ghiandole paratoidi), delle sostanze irritanti per le mucose, figurano per esempio tra le prede preferite della Natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica), che è uno dei serpenti immuni a tale sostanza.
Una Natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica) si termoregola tra la vegetazione palustre - Roma, 12 ottobre 2017 |
Anche se è meno acquatica delle sue congeneri che vivono in Italia, la Natrice dal collare elvetica è generalmente associata all'acqua e la si vede spesso nuotare a pelo della superficie. A Francavilla Angitola è anzi il solo serpente, per così dire, amante dell'acqua poiché l'areale di distribuzione delle sue congeneri italiane non arriva così a Sud. Non c'è quindi da stupirsi se, nel dialetto francavillese, la Natrice dal collare elvetica ha un nome dialettale dedicato ovvero Lehandru. Si tratta di un comune quanto innocuo ofide che può raggiungere grosse dimensioni con lunghezze sino a 180 cm ed oltre, soprattutto le femmine.
Una Natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica) a caccia di rane in un fosso - Roma, 3 giugno 2019 |
In realtà, a prediligere le area umide sono soprattutto i giovani di questo serpente, mentre gli adulti, specialmente le femmine, si allontanano da tali ambienti andando ad occupare prati, boschi e pure zone urbane. Cacciano per lo più anfibi (grosse rane e rospi), ma possono predare roditori, sauri e, soprattutto i più giovani, anche pesci.
Una giovanissima Natrice dal collare elvetica (Natrix helvetica) si aggira sulle alghe che ricoprono la superficie di un piccolo specchio d'acqua - Roma, 1 giugno 2015 |
Difronte a questo grande e veloce serpente, a Buffa può solo cercare di sembrare più grande: si solleva sulle zampe e si gonfia aumentando il suo volume, in modo da tentare di scoraggiare il serpente ad ingollarla. U Lehandru, al pari degli altri serpenti, non avendo capacità masticatorie, può solo ingoiare intere le sue prede e, per gestire il rospo, ha dovuto imparare a maneggiarlo: altre prede vengono inghiottite a partire dalla testa; con una grossa Buffa, che si è per giunta gonfiata, questa strategia può risultare difficile da portare a termine ed allora deve iniziare dalla zampe posteriori. Così facendo, ha maggiori possibilità di riuscire a comprimerla espellendo l'aria aspirata dall'anfibio dalla sua bocca, così come si sgonfia un pallone.
...la vittima sembra spacciata... - Polia (VV), 12 agosto 1995 - Questa immagine è ottenuta riproducendo la stampa di una foto originale di Mauro Scaramuzzino |
Questa sorta di sfida tra bocca più larga e pallone più gonfio non è delle più idilliache da vedere, ma è la Natura che fa il suo corso. Lehandru e Buffa si sono evoluti assieme nell'arco di milioni di anni, ognuno con la propria strategia di sopravvivenza che fa si che il primo non prevalga definitivamente sulla seconda.
...la presa è salda, ma il rospo resiste... resiste gonfiandosi! - Polia (VV), 12 agosto 1995 - Questa immagine è ottenuta riproducendo la stampa di una foto originale di Mauro Scaramuzzino |
La vera minaccia, sia per l'una che per l'altra specie, è nascosta nell'alterazione degli habitat naturali, legata all'inquinamento chimico ed alla trasformazione ambientale. Nella distruzione dei siti riproduttivi e di accrescimento, nelle stragi che si consumano sulle strade, nella persecuzione diretta ancora praticata e saldamente legata a false credenze che resistono, nonostante gli sforzi fatti per diffondere maggiore consapevolezza.
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Si ringrazia Mauro Scaramuzzino per aver concesso di riprodurre, in questo post, le sue fotografie scattate durante una breve passeggiata fatta assieme nei boschi delle Serre Calabresi.
Maggiori e più esaurienti informazioni su rettili ed anfibi italiani si possono trovare nei seguenti testi:
- Di Nicola M.R., Cavigioli L., Luiselli L. & Andreone F., 2019. Anfibi & Rettili d'Italia. Edizioni Belvedere, Latina.
- Arnold E.N. & Burton J.A., 1985 - Guida dei rettili e degli anfibi d'Europa - Franco Muzzio Editore, Padova
- Bruno S., 1984 - Serpenti d'Italia - Giunti-Martello Editore, Firenze
Per i nomi scientifici di anfibi e rettili citati, si è fatto riferimento alla nomenclatura utilizzata nel recente testo Anfibi & Rettili d'Italia.
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