Come ginestra piantata nel cuore

Panarea (ME) è la più piccola delle sette Isole Eolie, arcipelago tirrenico che si trova a Nord delle coste settentrionali della Sicilia orientale ed ad Ovest di quelle centro-meridionali della Calabria. Tutto l'arcipelago, di origine vulcanica, è patrimonio mondiale dell'UNESCO; è noto soprattutto come meta di un turismo legato al mare, e non è difficile immaginarne il perché. Fuori dalla classica bella stagione, è frequentato, soprattutto da un'utenza straniera, anche come scenario per splendidi trekking vista mare, costituiti da escursioni a piedi sulle varie isole, ricche di storia e di panorami che lasciano senza fiato.

L'isola di Panarea vista da Sud: si coglie la sua natura aspra e frastagliata ricoperta di essenze mediterranee; la cima più alta, posta a 421 m di altezza è Punta del Corvo - Panarea (ME), 27 aprile 2005


Per alcune stagioni e svariati anni fa, a Panarea, ho avuto la fortuna di partecipare, con Lorenzo De Luca, Roberto Lippolis, Rosanna Campati e Sonia Lippolis, al campo per l'osservazione ed il monitoraggio della migrazione primaverile dei rapaci attraverso il Mediterraneo Centrale, organizzato dalla Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU). Le Eolie, infatti, sono interessate da una, per così dire, rotta secondaria di migrazione di questi uccelli che dall'Africa ritornano in Europa per nidificare. Alcuni esemplari, che attraversano il Canale di Sicilia e risalgono la Sicilia stessa, invece di giungere in Calabria mediante lo Stretto di Messina, per poi risalire la penisola dalla punta meridionale, affrontano il mare verso le Isole Eolie per poi probabilmente rientrare, lungo la penisola stessa, molti chilometri più a Nord. Nell'arcipelago, la posizione di Panarea è ottima per intercettare tale flusso e per registrare i volatili che vi transitano. Non si tratta solo di uccelli veleggiatori, come rapaci e cicogne, ma anche di numerose specie di passeriformi che seguono strategie di volo migratorio che gli consentono di attraversare, con maggior scioltezza, ampi bracci di mare.

L'isola di Basiluzzo, lo scoglio di Spinazzola e Stromboli fumante visti dal borgo di San Pietro: anche da qui, si possono udire le esplosioni prodotte dall'alto vulcano nel corso della sua attività e vedere, con il buio, anche le scie rosse dei lapilli che  vengono lanciati in cielo - Panarea (ME), 22 aprile 2005


Durante questi campi, se si vuole realmente monitorare ciò che succede in cielo, non si ha molto tempo per andare a zonzo, ma comunque si ha la possibilità di osservare ciò che ci circonda da postazioni spesso privilegiate. Dopo una giornata attaccati alle ottiche, con il buono e il brutto tempo e la sua mutevole variazione, tipica della stagione primaverile, alla sera si è cotti a puntino, ma si ha la consapevolezza di partecipare ad uno studio più ampio e, se si è fortunati, di aver assistito a scene che ti resteranno in mente come ricordi tanto vividi quanto unici.

Lo Stromboli visto dalle propaggini settentrionali dell'isola - Panarea (ME), 22 aprile 2005

Raggiungere la postazione di osservazione prefissata non era immediato: dal borgo di San Pietro, posto a livello del mare, occorreva salire alla cima più alta dell'isola, Punta del Corvo, a 421 m di altezza, ed occorreva farlo a piedi. Al mattino presto, usciti dalla casetta che ci ospitava, si poteva sentire l'odore di pane appena sfornato dall'unico forno dell'isola: quel profumo coinvolgente è difficile da dimenticare e si mischiava con quello di agrumi in fiore e di macchia mediterranea che giungeva dai giardini ancora umidi di rugiada. Avanzando nelle strette vie confinate dagli abbaglianti muri bianchi delle tipiche dimore eoliane, il silenzio era rotto dal martellante cinguettare dei maschi di Passero d'Italia (Passer italiae) ebbri di ormoni, dal canto emesso dai maschi di Verzellino (Serinus serinus), di Cardellino (Carduelis carduelis) o di Passero solitario (Monticola solitarius) durante i loro voli nuziali o di coppia, dai richiami dei Gabbiani reali (Larus michahellis). Carichi con acqua, viveri, indumenti, ottiche e treppiede, sentivi il tuo fiato ed il ritmo dei tuoi passi battere sulla strada nella prima salita in pieno centro. Ci sono almeno tre tragitti che portano in cima, ma al mattino, per non fare tardi, si seguiva sempre lo stesso, ovvero quello che va verso Iditella e il Nord dell'isola da dove si può quasi sempre vedere cosa si allontana in volo dall'isola stessa.

La falesia Nord occidentale dell'isola nell'ombrosa luce mattutina - Panarea (ME), 24 aprile 2005


La sera, per rientrare, è capitato di seguire uno degli altri sentieri che comunque sono o più lunghi oppure più ripidi, ma molto belli da percorrere sia per la varietà di scorci che offrono sia per le testimonianze storiche che si incontrano. Tra queste, oltre ai resti di un villaggio preistorico, vi sono i segni evidenti di antiche aree agricole abbandonate, limitate da muri a secco e terrazzamenti, echi passati degli attuali piccoli orti ancora gestiti che comunque possono regalare varie sorprese, prima tra tutte le Cutrettole (Motacilla flava).

Il Castello di Panarea, aspro dente roccioso che si eleva sul versante meridionale dell'isola; si notano i terrazzamenti, sostenuti da muri a secco, indizio della massiccia e passata attività agricola praticata su tutta l'isola -  Panarea (ME), 23 aprile 2006


In salita, uno stretto passaggio che si allarga verso la costa Est, ti permetteva di lasciare per un po' la strada principale, tra incolti e macchia mediterranea, transitando vicino alle ultime case. Qui, sin dal mattino, ricevevi le prime indicazioni su cosa fosse piovuto dal cielo durante la notte, quali passeriformi migratori erano approdati sull'isola; così, a seconda delle specie che percepivi come più numerose, sapevi se era stata una notte di transito per Usignoli (Luscinia megarhynchos), oppure Stiaccini (Saxicola rubetra), o Sterpazzole (Sylvia communis), o Culbianchi (Oenanthe oenanthe) o anche per Luì piccoli (Phylloscopus collybita), Luì grossi (Phylloscopus trochilus) e Prispoloni (Anthus trivialis). Capivi se le Tortore selvatiche (Streptopelia turtur) erano già partite oppure se le Averle capirosse (Lanius senator), le Upupe (Upupa epops), i Rigogoli (Oriolus oriolus) o le Monachelle (Oenanthe hispanica) ti avrebbero movimentato la giornata.

Un'Averla Capirossa (Lanius senator) fa mostra di se su un ramo ricoperto da licheni - Panarea (ME), maggio 2007


Un ultimo strappo ti riportava sulla strada principale all'altezza della calata per la Spiaggia della Calcara, nota per i suoi odori solfurei e la presenza di sorgenti calde sommerse. Da qui, incominciavi a cercare con lo sguardo il piccolo stormo di vocianti Passere sarde (Passer hispaniolensis) per capire se continuava a stazionare da queste parti, posato sui rami bruciati di macchia mediterranea o in volo, compatto come una sfera, verso il mare e Stromboli, insidiato dal piccolo maschio della coppia di Falco pellegrino (Falco peregrinus) locale che presidiava con ferocia l'isola, sempre pronto a esigere il pagamento di un pedaggio a chi transitava attraverso i suoi cieli. L'ultimo tratto di stradina asfaltata con una serie di curve, finalmente ti portava, sulla sinistra, all'imbocco del sentiero che conduce alla vetta, imbocco all'inizio irto tanto da scoraggiare i meno motivati a proseguire.

Uno stormo di maschi e femmine di Passera sarda (Passer hispaniolensis) staziona sui rami morti di un cespuglio - Panarea (ME), 23 aprile 2005


Stromboli, Spinazzola e Basiluzzo visti da Punta del Corvo, il punto più alto dell'isola - Panarea (ME), 24 aprile 2006


E' proprio questo il tratto più bello del percorso: l'immersione totale su fondo naturale, nella verde e fiorita macchia, lo sguardo che cala nei profondi pendii che piombano in mare, la visione delle scoscese ed aspre falesie del versante Nord occidentale dell'isola, rallegrate dal volo delle Rondini montane (Ptyonoprogne rupestris).

Lo scoglio La Nave si innalza poco distante dalla dirupata e selvaggia costa Nord occidentale dell'isola - Panarea (ME), maggio 2007


Al mattino, riprendere fiato lungo la salita, ti inebriava di fresca aria marina, di odori antichi e sopiti di una vegetazione intricata e compatta, ostinata a resistere alle intemperie così come ai torridi raggi solari: colori intensi e commoventi di una Natura che sembrava assistere alla tua fatica alla stessa stregua di come lo faceva con gli altri essere viventi che da qui passano verso le loro mete. Nella solitudine del tragitto, ti sembrava di far parte, piccolo, di questo immenso mondo mentre il petto ti tambureggiava all'inseguimento del respiro che spirava dalla tua bocca e, mentre il carico materiale che portavi sulle spalle pesava realmente, quello immateriale di gioie, delusioni, pensieri e speranze si scaricava dalla tua mente grazie all'imponderabilità di cui era fatto.

Uno Stiaccino (Saxicola rubetra) in sosta migratoria: questa è una delle specie più visibili sull'isola durante la migrazione primaverile  - Panarea (ME), 22 aprile 2005


A seconda delle giornate, sui fitti cespugli potevi cogliere il fruscio delle ali frizzanti o stanche di piccoli esseri che stavano attraversato il mondo per farsi trovare pronti all'appuntamento con la nuova vita. Sterpazzoline (Sylvia cantillans), Sterpazzole della Sardegna (Sylvia conspicillata) e Codirossi comuni (Phoenicurus phoenicurus) si affiancavano ai residenti Occhiocotti (Sylvia melanocephala), Magnanine (Sylvia undata), Scriccioli (Troglodytes troglodytes), Merli (Turdus merula), Fanelli (Carduelis cannabina) e forse Capinere (Sylvia atricapilla); le Quaglie (Coturnix coturnix) si appiattivano lungo il sentiero, le Tortore selvatiche cercavano rifugio e riposo sulla vegetazione mentre i Cuculi (Cuculus canorus), gli Usignoli ed i Cannareccioni (Acrocephalus arundinaceus) facevano prove di canto lontani dalla tua vista.

I pendii scoscesi che diradano verso occidente prima di raggiungere le verticali falesie che caratterizzano le coste di questo versante - Panarea (ME), maggio 2007


Finalmente, tra cangianti prospettive, arrivavi in cima dopo aver sbirciato nei dirupi lavici decine di Balie nere (Ficedula hypoleuca) e Balie dal collare (Ficedula albicollis), Pigliamosche (Muscicapa striata) e Luì verdi (Phylloscopus sibilatrix): lo sguardo spaziava a 360° sull'arcipelago intorno e, se le condizioni lo permettevano, sino alle morbidi curve dei monti siciliani e calabresi e, a volte, fino a sua maestà, imbiancato o fumante, Etna.

La linea dei Monti Peloritani e l'Etna imbiancato visti da Punta del Corvo in una limpida giornata primaverile - Panarea (ME), 24 aprile 2005


Eri solo all'inizio della giornata e già avevi colto aspetti che da soli varrebbero il viaggio e la permanenza. Il resto, forse, te lo avrebbero portato i venti, man mano che l'aria si scaldava e le correnti ascensionali si rafforzavano su questi scogli scuri persi nell'immenso mare. Il resto infatti era fatto di attesa, di paziente attesa scrutando l'orizzonte in cerca di qualche indizio che ti indicasse che qualcosa si muoveva nell'aria, che ti indicasse che stavano comunque arrivando nonostante tu ancora non li vedessi. Non era scontato che il flusso di rapaci per cui eri li, si materializzasse realmente, poteva essere una giornata monotona oppure frizzante di emozioni, lo avresti scoperto solo resistendo a quei momenti di calma piatta che ci sarebbero stati: era così, lo sapevi già!

Gli scogli di Dattilo e Lisca Bianca ed il Borgo di San Pietro visti da Punta del Corvo - Panarea (ME), 26 aprile 2005


Finalmente li vedevi, solitari o a sparuti gruppetti. Con una buona visibilità, i più grossi li vedevi lasciare le alture di Lipari per venire verso Panarea. Li aspettavi cercando di intuire, dal tipo di volo e dalla silhouette, a che specie potevano appartenere, ne avresti avuto la certezza solo quando sarebbero stati abbastanza vicini da cogliere, con le ottiche, i caratteri distintivi del piumaggio. Altri salivano dal mare, improvvisi, in ampi circoli sostenuti dall'aria calda o sospinti in alto da veloci venti che strisciavano lungo gli alti versanti dell'isola. Altri ancora sarebbero sbucati alti dalle nuvole o dalle foschie e nebbie che aleggiavano sul mare. A seconda del periodo, erano per lo più Falchi di palude (Circus aeruginosus), Falchi pecchiaioli (Pernis apivorus), Nibbi bruni (Milvus migrans), Aquile minori (Aquila pennata), Lodolai (Falco subbuteo), Gheppi (Falco tinnunculus), Grillai (Falco naumanni), Sparvieri (Accipiter nisus), Poiane (Buteo buteo), Falchi cuculi (Falco vespertinus), Albanelle minori (Circus pygargus) e Albanelle pallide (Circus macrourus), nonché Falchi pescatori (Pandion haliaetus) e qualche Cicogna nera (Ciconia nigra) e Cicogna bianca (Ciconia ciconia).

Ancora gli scogli di Dattilo, Lisca Bianca e Lisca Nera che sbucano dal mare piatto - Panarea (ME), 28 aprile 2007


Altri restavano indeterminati: faceva parte del gioco, perché non tutto si può identificare, vuoi per condizioni di osservazione vuoi per le distanze; sarebbero stati oggetto di discussione e confronto con i compagni, di scambio di impressioni colte durante l'osservazione. E si, perché da Panarea i rapaci transitavano, generalmente per lo stretto tempo necessario, diretti spesso verso Stromboli e, come arrivavano, presto li stavi già salutando per accogliere chi veniva dopo di loro. A volte, con alto tasso di transito, non avevi nemmeno il tempo di registrare un'identificazione (specie, sesso ed età, con orario di passaggio e traiettoria di volo) che già dovevi concentrarti su chi stava per arrivare. In questi frangenti, solo la presenza contemporanea di più osservatori in loco poteva garantire un lavoro preciso ed esaustivo.

Il campo di osservazione della migrazione dei rapaci su Punta del Corvo - Panarea (ME), 28 aprile 2007


Mentre eri lì, poteva succedere davvero di tutto, a volte avevi l'impressione che loro nemmeno ti vedessero, altre che venivano proprio a guardarti. Ti potevi gustare la coppia di Falco pellegrino, posata vicino alla posizione del campo, su una roccia svettante verso il mare aperto: la femmina grossa e selvaggiamente chiassosa, il maschio piccolo e silenzioso con la testa quasi incassata tra le ali. Lo vedevi, è sembrava avere un aspetto quasi contrariato e torvo per rimbrotti continui che la compagna sembrava rivolgergli, senza pietà. Ti immedesimavi al punto che arrivavi a chiederti chissà cosa gli sta rimproverando stavolta! Questa coppia ha spesso dato spettacolo: azzuffandosi ferocemente, con urla e rapidi inseguimenti, spesso sul mare sotto la nostra postazione, con i Falchi della regina (Falco eleonorae) che via via tornavano, dopo la pausa invernale africana, alla colonia di questa isola; inseguendo le Tortore selvatiche appena queste avevano l'ardire di alzarsi in volo lungo i pendii scoscesi dell'isola; litigando con i Corvi imperiali (Corvus corax) che erano presi di mira anche dai Falchi della regina.

La grossa femmina della coppia di Falco pellegrino (Falco peregrinus) che vive sull'isola - Panarea (ME), 22 aprile 2006


Un episodio particolarmente emozionante è stato quando, in un calmo pomeriggio con foschia e luce diffusa, il piccolo maschio è partito silenzioso e veloce dal suo solito posatoio passando basso tra noi ed un altro spuntone roccioso. Dall'altra parte, apparentemente tranquillo, volava un Rondone comune (Apus apus) che, probabilmente a causa della luce alle spalle del rapace e alla manovra che lo stesso ha fatto mantenendosi basso e nascosto dalle rocce, non si è accorto della disgrazia che gli stava piombando addosso. Abbiamo sentito distintamente l'impatto tra i due per quanto fosse avvenuto vicino: il falco, giungendo dal basso rispetto alla sua preda designata, non è riuscito ad afferrarla con gli artigli, ma ha pesantemente sbilanciato la sua traiettoria in modo da avere il tempo di superarla in altezza e picchiarci sopra dall'alto; da parte sua, il rondone, ripresosi dalla sorpresa e dal botto iniziale, è riuscito, zig-zagando, a schivare il falco per ben due volte di seguito, a prendere quota e sparire in un provvidenziale banco di foschia che si era condensato li vicino. Ci siamo guardati sorpresi l'un l'altro, increduli di quanto avevamo appena finito di assistere.

Il piccolo e scuro maschio della coppia di Falco pellegrino (Falco peregrinus) che vive sull'isola - Panarea (ME), 22 aprile 2006 Panarea (ME), 22 aprile 2006


Memorabile ed emozionante è stato assistere all'attacco di un Sacro (Falco cherrug) su un Gheppio. Il grosso falcone, giunto sull'isola assieme a dei Falchi pecchiaioli, aveva evidentemente qualche languorino e non ha trovato di meglio che puntare un suo parente prossimo (il racconto di quanto avvenuto è stato già descritto tra le pieghe nel seguente post a cui si rimanda caldamente se interessati a queste vicende).

Vulcano e Lipari, visti da Punta del Corvo, sbucano dalle cenge rocciose dell'isola - Panarea (ME), 3 maggio 2007


Altro aneddoto è stato quello di assistere alla caccia volante condotta da un gruppo di Falchi della regina assieme a Lodolai e Falchi cuculo ai danni di insetti che sciamavano in massa nella parte più alta dell''isola, proprio davanti alla nostra postazione. Oppure il passaggio, in più frangenti durante le giornata, di 16 Nibbi bruni; nel tardo pomeriggio della stessa giornata, un gruppo di 12 di loro sono tornati indietro almeno sino a Lipari, chissà, forse prevedendo ciò che sarebbe successo: a partire dalla notte seguente, nonostante la calma della giornata, una vera e propria tempesta di scirocco si è abbattuta sull'isola ed è durata alcuni giorni.

Piana Milazzese e Punta Milazzese viste d'alto del pendio che le sovrasta - Panarea (ME), 23 aprile 2005


Quando le condizioni erano così avverse, con venti forti da Est e soprattutto da Sud-Est, la migrazione praticamente si fermava: chi era sull'isola, rimaneva sulla stessa non potendo partire, rintanandosi per lo più lungo i versanti riparati dal vento. Questi venti infatti tendono a spingere gli uccelli verso il mare aperto imprimendogli spostamenti di deriva che sono compensabili soltanto con grossi sforzi e dispendio energetico. Soltanto qualche sparuto Falco di palude poteva continuare imperterrito il suo viaggio, probabilmente mettendo a rischio la sua stessa incolumità. I Falchi di palude sono dei veri pazzi: tra questi, è impossibile dimenticare quell'esemplare che, con enorme fatica dovuta al tentativo di mantenere la rotta desiderata, nonostante le spinte dovute a siffatti venti, è arrivato sull'isola basso sul mare in volo battuto; ha preso quota velocemente, sospinto dal vento stesso che, urtando sul versante Sud orientale dell'isola, sollevava le masse d'aria per effetto di tale barriera; ha lasciato l'isola di coda, ovvero con la testa orientata nella direzione opposta a quella di volo per girarsi solo successivamente e riprendere il volo battuto; purtroppo, piuttosto che puntare verso Stromboli (ovvero Nord-Est, come solitamente avviene), il forte vento lo ha spinto velocemente verso Nord-Ovest, cioè verso il Tirreno aperto; l'abbiamo visto sparire in tale direzione, ostinato nelle sue battute, non sapremo mai se, spinto dal vento, è riuscito a ritrovare terra o altro provvidenziale approdo (per esempio una nave, con spesso accade), oppure, stanco, sia perito tra i flutti.

Un elegante Falco della regina (Falco eleonorae) fa bella mostra di se dalla cima di una roccia -  Panarea (ME), 22 aprile 2006


E' difficile dimenticare il flusso, tutto attorno, di centinaia di Rondini (Hirundo rustica), Balestrucci (Delichon urbicum), Topini (Riparia riparia), Rondoni comuni e, in minor numero, i Rondoni maggiori (Apus melba) che transitava di continuo sull'isola: da quell'alta postazione, ti potevi sentire come sollevato in cielo, in mezzo a loro. O le flottiglie di colorati e veloci Gruccioni (Merops apiaster) di passo, annunciate dai loro stessi richiami.

Un Fanello (Carduelis cannabina) cerca semi tra la vegetazione dell'isola - Panarea (ME), 25 aprile 2006


E' difficile dimenticare quel grosso stormo di 66 Falchi pecchiaioli che, nella luce bassa del tardo pomeriggio, subito dopo le 18:30 e dopo ore di pioggia, ha approfittato della riapertura del cielo per continuare il suo viaggio volando basso sul pelo dell'acqua, ad Ovest di Panarea. Loro che, veleggiatori, sono soliti sfruttare magistralmente le termiche delle ore centrali della giornata per risparmiare energia e coprire comunque lunghi tragitti, stavano probabilmente tentando di recuperare parte del tempo perso per la pioggia, nonostante le ombre fossero già lunghe e le termiche sparite, forse sapendo che ciò avrebbe significato volo battuto, anche per tutta la notte, visto che puntavano sicuri e diritti verso Nord, in pieno mare aperto.

Il Castello sbuca tra la vegetazione mediterranea - Panarea (ME), 23 aprile 2005


Mi torna in mente anche quella rara Bigia grossa (Sylvia hortensis), posata alla base di un cespuglio, annunciata dal suo canto intonato al pallido raggio di sole che l'ha illuminata, in quel pomeriggio caratterizzato da continui scrosci di pioggia che ci ha anche regalato l'osservazione contemporanea di quattro adulti di Cicogna nera che, sbucando da un crinale, hanno solcato il cielo sopra le nostre teste. Oppure quelle osservazioni di solitari esemplari di specie che non ti aspetteresti in un lembo di terra in mezzo al mare come il Pendolino (Remiz pendulinus), due sparute Cornacchie grigie (Corvus cornix) o un singolo Fringuello (Fringilla coelebs).

I pendi meridionali dell'isola degradano più dolcemente verso il mare - Panarea (ME), 23 aprile 2006


Così, in momenti di forzata clausura che ti impediscono di godere di questi meravigliosi spettacoli naturali, queste emozioni tornano più volte in mente, lampi vividi di passate esperienze, radicate nel ricordo come quelle piante abbarbicate ai lavici suoli scuri di quell'isola, e la nostalgia cresce in te, nell'animo, come fosse ginestra piantata nel cuore.

In full action - Panarea (ME), 3 maggio 2007


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Si ringraziano e si salutano gli amici con cui ho condiviso la permanenza ed il lavoro di monitoraggio, perché la loro compagnia ha contribuito a rendere unici i momenti passati a Panarea. Si ringrazia la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU) che, consentendo la nostra partecipazione ai suoi campi, ha permesso queste esperienze. Si ringraziano gli uccelli, i fiori, le farfalle, il mare, le rocce e la Natura tutta che, con la loro semplice presenza, i colori ed i profumi, ci hanno regalato attimi di semplice e lirica poesia.

Tutte le fotografie di uccelli di questo post sono state ottenute con la tecnica del digiscoping.
  

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